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LECCE, Il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone interviene nel progetto del monitoraggio dei pozzi proposto dalla Asl e «striglia» gli amministratori che non hanno controllato

"Mi sembra strano che vi siano degli introiti per gli imprenditori che hanno sfruttato le discariche per 20 - 25 – 30 anni e al momento in cui devono pagare una parte dei costi, questi passino sulla collettività. Allarme, bisogna bonificare."

LECCESalute Salento riporta l’intero intervento della dottoressa Valeria Mignone che ieri mattina, in un appassionato intervento, presso il Polo didattico della Asl, alla presenza dei sindaci, ha illustrato la situazione dell’inquinamento del territorio salentino ad opera di operatori spregiudicati, grazie anche alla «disattenzione» e alla complicità di alcuni amministratori che avrebbero dovuto controllare.

«Sono soddisfatta che oggi ci sia questo incontro. E che ci sia una partecipazione e una particolare attenzione con la presenza dei sindaci del territorio.  Sono contenta che l’allarme che per lungo tempo era un allarme isolato della Procura della repubblica e di pochi medici attenti a quello che avveniva sul territorio sia ormai un allarme condiviso. Ma vi dico anche che questo allarme, condiviso con la Politica (permettetemi di usare questo termine) e condiviso dagli amministratori, sia oggi sentito. Oggi non c’è niente di immutato rispetto a quello che esisteva 20 anni fa. Mi sembra assurdo che oggi ci sia questo allarme diffuso perché un soggetto, il mio indagato principale da 20 anni (Gianluigi Rosafio – ndr.) ci venga a dire che nella discarica di Burgesi siano scaricati 600 fusti.

Io vi invito ad essere attenti. A prestare al territorio quell’attenzione che non è stata prestata per 25 anni. Scusate se ribadisco questo concetto: ma perché quello che c’è nella discarica Burgesi è noto da 25 anni. Da 25 anni la magistratura che in questo caso ancora una volta, consentitemi, ha esercitato un ruolo di supplenza rispetto a quello che doveva essere un ordinario controllo, ha accertato che quella discarica non veniva ben coltivata. Le discariche non ben coltivate è difficile poi che siano sanate. Uso questo termine, come un organismo. Un organismo che venga trattato male, che non venga curato nel corso della vita, in vecchiaia decade in maniera piuttosto rapida ed è difficile che possa in qualche modo essere sanato.  Una discarica non coltivata bene è una discarica che continuerà a produrre danni all’infinito.

E mi sembra strano che proprio nel momento in cui dovevano essere pagati dei costi per la caratterizzazione del rifiuto e per la bonifica di una discarica mal coltivata il problema passi sulla collettività. Mi sembra strano che vi siano degli introiti per gli imprenditori che hanno sfruttato le discariche per 20 - 25 – 30 anni e al momento in cui devono pagare una parte dei costi, questi passino sulla collettività. Allarme, bisogna bonificare.

Scusate, ma non c’è un contratto per la discarica? Qual è il contratto? Il comune di Ugento ha stilato un contratto? Sono problemi che la magistratura non sa come gestire. Perché la magistratura, che viene sempre chiamata in causa, può fotografare lo stato di quella discarica ormai abbandonata da 20 anni dove però ci sono presenza di ceneri radioattive, di ceneri importanti, la magistratura non può imporre le bonifiche. La discarica è stata mal coltivata per anni. Nel momento in cui doveva essere bonificata è subentrato un contratto rispetto a quello precedente e la bonifica è passata in carico alla collettività. Anzitutto io vorrei capire questo arcano. Com’è che i profitti siano delle imprese che gestiscono la discarica e com’è che i costi gravino sulla collettività.

All’improvviso esce quello che, ripeto, è il mio principale indagato…..

Farò una breve storia della discarica di Burgesi, per fare la quale devo fare la breve storia dell’imprenditore che oggi a 30 anni di distanza dell’accertamento dei fatti dice: in quella discarica sono sepolti 600 fusti contenenti Pcb. Quindi è una questione generalizzata questa. E’ una questione generalizzata la frequenza sul nostro territorio di discariche che non sono state monitorate.

Quando la Procura gridava allarme, allarme per le ordinanze contingibili e urgenti degli anni ’90 (fatte dai sindaci – ndr.) ed è stato un grido di allarme inascoltato, in che cosa si è trasformato? In una minaccia seria per il territorio. Perché non c’è solo la Burgesi. Non vi dovete scordare che ci sono le discariche che abbiamo scoperto sotterrate sulla strada statale 275 . Non è che la Burgesi produce il cancro e le altre non ne producano. Soprattutto perché abbiamo dimostrato che in quelle discariche non ci sono rifiuti assimilabili agli urbani, ma ci sono rifiuti speciali provenienti dalle industrie calzaturiere.

Abbiamo le etichette delle industrie. Quindi sono discariche mal coltivate, a prescindere che siano state mantenute in piedi in maniera illegale, con un’ordinanza contingibile e urgente. Dopo di che il titolare che aveva l’appalto e la gestione della discarica non fa altro che metterci una pietra sopra. Ma le discariche tombate, sapete meglio di me, che continuano a lavorare. Quindi ci stiamo tanto focalizzando sulla Burgesi, quando il nostro territorio siede su una serie di discariche sotterranee.

Il fatto che siano state scoperte queste sulla 275 è solo perché sono andata a controllare il percorso della 275. Quindi c’è stato un controllo penetrante e abbiamo scoperto che c’erano  queste discariche sotterrate . Ma questo non vuol dire che sono le uniche. Perché? Perché c’è stata una disattenzione del territorio.

Quando non diciamo UNA COMPLICITA’. Perché gli amministratori nel corso degli anni, ciascun amministratore, deve sapere che cosa c’è sul suo territorio. E ci sono stati anche fondi europei che prevedevano la bonifica delle discariche. Queste discariche non sono state neanche denunciate. Allora dico: attenzione, l’allarme è eccessivo, ma ben venga l’allarme. Perché finalmente ci accorgiamo di non avere avuto per 30 anni attenzione sul territorio. E allora le cose non vanno svolte in emergenza. Cosa facciamo, diamoci da fare per la Burgesi?

Vanno risolte prendendo cognizione di ciò che esiste sul nostro territorio. Ecco perché sono contenta che oggi ci siano i sindaci. Ogni sindaco deve sapere: che fine hanno fatto quelle discariche che per anni sono state mantenute in piedi con ordinanze contigibili e urgenti. Perchè si fa un vero lavoro di emersione di questi fenomeni sotterrati. Perché la discarica, una volta sotterrata non è che smette di lavorare. Quando gli operai lavoravano nel fotovoltaico su una delle discariche che era sulla 275 sulla quale adesso c’è un campo fotovoltaico, (è l’unica che è stata messa in sicurezza perché l’impresa del fotovoltaico ha un interesse a sfruttare l’area e quindi a metterla in sicurezza) gli operai pensavano che sotto ci fosse l’inferno. Perché mentre lavoravano usciva il calore dei rifiuti che producono gas, biogas, calore e percolato che scende nella falda. E che percolato è? Non è un percolato da rifiuti solidi urbani o assimilabili, perché ci sono collanti, vernici, c’è di tutto. Allora attenzione. Quella zona rossa che avete visto (un’area centrale della provincia di Lecce attorno a Galatina-Maglie – ndr.) dove dovrebbe essere la ricaduta famosissima, forse anche dell’Ilva e quant’altro. A proposito dell’Ilva il contrasto fra posti di lavoro e salute…. Non è così.

La contrapposizione non è fra posti di lavoro e tutela della salute. Ma fra eccessivo profitto degli imprenditori e salute. Questa è la questione. Allora, l’eccessivo arricchimento dei Riva ha prodotto i cancri. I posti di lavoro non significa che gli operai devono ammalarsi perché non vengono adeguati gli impianti,  perché non c’è tutela del posto di lavoro a livello di prevenzione, anche interna dell’azienda. Quindi l’impresa non spende nella prevenzione degli infortuni sul lavoro, non spende per garantire una migliore qualità dell’aria, per garantire che quelle misure legislativamente previste a protezione dell’ambiente siano adottate. Quindi la conflittualità è fra eccessivo profitto dell’impresa e tutela dell’ambiente.

Io ho cercato di comprendere se le emissioni da valutare sul territorio (per quel benedetto ruolo di supplenza della magistratura che è così scomodo) e ho chiesto alla mia sezione di Pg della Forestale di farmi fare il monitoraggio degli insediamenti produttivi di quella zona. Ce ne sono una miriade. Perché il nostro inquinamento non è tanto quello di grossi impianti, ma di una serie di piccoli impianti sparsi sul territorio. Un esempio: le centrali a biomasse, i sindaci dicono sì, sì, ben vengano. Io non ho ancora trovato una centrale a biomasse che non dovrebbe produrre immissioni moleste, perché dovrebbe bruciare materiale lecito, per ottenere la Scia e la Dia. Tutte le centrali a biomasse che hanno formato oggetto di indagine della Procura con consulenza, vanno a digestato (sottoprodotto di rifiuti pericolosi e speciali – ndr.) , cioè  bruciano rifiuti. Quindi quelle centrali a biomasse che vi mettete sul territorio, cari sindaci, sono insediamenti produttivi che però sono andati in Scia e in valutazione di impatto ambientale. Chi controlla? E’ possibile che il controllo sia riservato solo alla magistratura. Ogni cosa che interviene sul vostro territorio deve essere monitorata. Non è che ci possiamo ricordare dopo 30 anni che ci sono i cancri.

E che cosa sono andata ad individuare in questi insediamenti tipo cementifici, calcifici e quant’altro? Che nessuno di questi ha le strumentazioni per la misurazione delle emissioni. Addirittura non hanno nemmeno le scale che consentano di accedere alla misurazione. La domanda è: considerato il limite di supplenza della magistratura al controllo del territorio,  io che alternativa ho una volta che ho scoperto che tutta quella zona è interessata da insediamenti che non vengono controllati? Chiudere l’insediamento con un sequestro? Ancora una volta la conflittualità fra l’azione della magistratura e la tutela del posto di lavoro. Il controllo ci deve essere. Non è possibile che io oggi scopro che questi insediamenti non hanno le apparecchiature .. Possiamo dire che la gente nel Salento muore di cancro ma le fonti non sapremo mai quali sono perché non sono censite, perché non sappiamo cosa succede sul ns territorio. Sappiamo che c’è l’Ilva, non sapevamo che le immissioni dei cementifici non vengono misurate.

E veniamo alla questione Burgesi per fare chiarezza una volta per tutte, in modo che poi si possa dire che siate informati. Esce fuori questo inquinatore e dice quello che era stato già accertato non solo nel 2000 sulla discarica Burgesi, ma nel corso di questi anni. Quando a nessuno interessava come questa discarica venisse coltivata. Ho portato delle sentenze. Oggi sappiamo che nella Monteco c’è il Pcb, ma lo sappiamo da tempo che c’è il Pcb.

E che cosa interessa sapere se sia quel Pcb che abbiamo trovato proveniente dai fusti o sia proveniente dal materiale particellare solido che in quella discarica scaricarono con un documento falso di un chimico che aveva attestato trattarsi di rifiuto solido urbano. Quindi formalmente e non in maniera occultata la discarica si è preso tutto il rifiuto particellare solido, tutti i rifiuti della filtrazione della Sea Marconi, un’azienda che aveva il brevetto per la de-alogenazione dei trasformatori dell’Enel. Questo vuol dire che tutti i trasformatori dell’Enel che altro non sono che rifiuto, venivano portati alla Sea Marconi, venivano ripuliti con questo processo di de-alogenazione e reimmessi. Però la Regione, all’epoca decise che quello era un impianto di trattamento di rifiuti ( un trasformatore di cui l’Enel si disfaceva, e secondo la direttiva europea è un rifiuto) . Quindi non si è voluto sapere cosa che cosa fece la Sea Marconi, fino a quando gli imprenditori soccombenti rispetto al monopolio di questo imprenditore cardine, non ci hanno detto: guardate che tutti i territori da Acquarica, Ugento e Presicce, sono impregnati di rifiuti di quei processi di de- alogenazione.

Qual è la novità? Quindi abbiamo la 1^ sentenza del 2000. I rifiuti stavano nelle zone di Acquarica, Ugento, Presicce, nella discarica abbandonata di Burgesi e nella Monteco. Ma questo lo sappiamo dal 2000. Processo n. 11131 del 2000. Le imputazioni sono andate per la maggior parte prescritte; all’epoca queste erano contravvenzioni e per fare un processo di questo genere, con fior fiore di avvocati , ci abbiamo messo 4 anni di perizie e controperizie. Però sono stati condannati per il danneggiamento che hanno procurato a quei terreni che sono stati bonificati, presidenza della Regione Fitto, con fondi europei. Tutto quello che era all’esterno della discarica Burgesi.

E perché non si poteva intervenire sulla discarica? Perché significava andare ad operare sull’unica, diciamo, discarica all’interno della quale venivano trattati i rifiuti. Quindi era una discarica attiva; era la discarica al servizio di molti comuni e chiuderla significava ….. Ma è quella discarica, secondo la sentenza (a proposito di questo imprenditore che oggi dice:  ma nella burgesi ci sono i rifiuti .. ). Non ti è “capitato” di vedere.. tu sei stato condannato per aver smaltito rifiuti a Burgesi . Quindi: “effettuava attività di trasporto, intermediazione e smaltimento di rifiuti prodotti dall’impianto di Sea Marconi residuati (attenzione, questo c’è nella discarica Burgesi) dalla reazione di de alogenazione di materiale contenente Pcb, costituito da granulato. Prodotti della chimica fine e prodotti chimici non precisati altrimenti. In particolare materiale di infiltrazione contaminati da composti organici alogenati…..” Già nel 2000 sapevamo questo.

Ma nella discarica di Burgesi c’è dell’altro,  perché poi le indagini  nei confronti di quell’imprenditore che ha inquinato il Salento e che oggi è ritenuto attendibile, oggi viene a parlarci di reati ormai prescritti. All’improvviso i sindaci che, attenzione, a questo signore hanno continuato a dare appalti, nonostante fosse oggetto di indagini della magistratura, hanno consentito di continuare a smaltire rifiuti anche attraverso altre imprese, l’ultima delle quali la Lombardi Ecologica , che operava nelle discariche con gli uomini e con i mezzi dell’imprenditore che inquinava, nei cui confronti, nel frattempo, c’era una misura interdittiva antimafia. Non potendo operare direttamente gli abbiamo consentito…

Quindi di cosa ci stiamo meravigliando? Se le amministrazioni non sono state sensibili a tutto questo, oggi non possiamo allarmarci perché abbiamo scoperto che nella discarica Burgesi c’è il Pcb. Quindi la Burgesi è stata una discarica coltivata male. Chiunque vi abbia smaltito. Coltivata con rifiuti pericolosi. Dopo di che, anziché costringere chi ha introitato e che oggi deve pagare i conti .. Ma vi rendete conto di che cosa andiamo ad affrontare? E nella Monteco di Ugento non ci troviamo solo Pcb. Nel 2002-2003 abbiamo scoperto che sempre lo stesso imprenditore, nei cui confronti oggi il reato è prescritto (sono stati tutti condannati per traffico illecito di rifiuti, ma la Cassazione non è d’accordo sulla aggravante della mafiosità e questo consente di andare su e giù dalla Cassazione da 10 anni). Il fatto che oggi il reato sia prescritto nei confronti di questo imprenditore-inquinatore non vuol dire che i reati non ci siano.

Perché la Cassazione dice che il reato c’era e che in quei luoghi sono stati trattati rifiuti di tutti i tipi . Tra questi luoghi di destinazione indovinate che cosa c’era? Oltre all’impianto di depurazione c’era la discarica di Burgesi . Mi chiedo dove fossero gli enti territoriali, dove fossero gli organi di controllo quando queste sentenze conclamavano questa realtà.  Ponendo in essere, tutti i soggetti, “scarichi di rifiuti liquidi in aperta campagna e strade di pubblico transito, con smaltimento degli stessi all’interno della discarica Monteco di Ugento non autorizzata alla ricezione di rifiuti liquidi… effettuando prelievo dei reflui, talvolta pericolosi, da aggregamenti produttivi con successivo scarico degli stessi nella Monteco di Ugento”.

Su sentenza passata in giudicato. Quindi, che oggi mi gridate al lupo , al lupo io vi dico : non potete… è una morte annunciata quella del popolo salentino per la disattenzione del territorio. E allora non mi serve oggi andare a scavare nella discarica alla ricerca dei fusti.  Ma che mi interessa? Mi interessa sapere come deve essere bonificata. Mi interessa quello che deve essere fatto dall’impresa. La caratterizzazione del rifiuto e la bonifica è ricompresa per legge. Costi quel che costi. Perché sono loro che hanno inquinato . Non può gravare questo sulla collettività. L’avete compreso bene?Quindi è inutile allarmarsi . Sono 30 anni che c’è questa situazione. Non si può dire oggi: o Dio che sta succedendo? Sta succedendo quello che da 30 anni succede su questo territorio. E non succede solo a Burgesi , succede su tutto il territorio.

Allora, o le amministrazioni si svegliano o non può essere un compito delegato solo alla magistratura che ricopre questo ruolo di supplenza e alla Asl. Quindi ben venga la sinergia. Ben venga la reciproca informazione. Io ringrazio la Asl di avermi dato questa opportunità di chiarimento. Però non può essere un compito delegato. La politica deve fare la sua parte, controllando quello che succede sul suo territorio. Non può svegliarsi all’improvviso. Scusate la veemenza. Però non può gravare sulle spese della collettività quella che deve essere un risanamento, una bonifica contrattualmente prevista. Dopo di che se vogliono essere erogati fondi comunitari, regionali per la bonific….., ma quello che mi preme sottolineare:  NON C’E’ ALLARME. E’ una situazione comune a mezzo territorio salentino e non solo alla discarica Burgesi. Quindi non c’è allarme da questo punto di vista, nel senso che non c’è nessuna novità. Dopo di che ben venga il monitoraggio dei pozzi, che è l’unico modo per conoscere qual è lo stato attuale del territorio salentino, qualunque siano state le cause.  Un volta che la causa si è determinata non si può tornare indietro. Quindi l’unica cosa che emerge per migliorare lo stato del territorio salentino è la prevenzione. Che deve essere sicuramente un’azione sinergica. Quindi andiamo certamente a vedere da dove vengono i danni, cerchiamo di capire, ma può essere che non vengano solo da lì. Se pensiamo di fermare la falesia che crolla al mare con un’ulteriore cementificazione e con altro carico urbanistico .. Bisogna diminuire il carico urbanistico.

Perché dalla Grecia, per esempio, l’intermediatore si è asservito alle imprese locali per rastrellare il nostro mare dalle oloturie. Non c’è più un oloturia nei nostri mari. Evidentemente perché anche in Grecia sanno che controlliamo poco il nostro Salento, anche in mare. In tutto l’Adriatico il fenomeno ha interessato solo le coste salentine. Ci vorranno 50 anni per ricostituire quell’humus. Questo significa che quel mare va verso l’eutrofizzazione perché le oloturie attivano un ricambio del mare. Quindi vi sono paesi senza fogna ma continuiamo a costruire villaggi. Non siamo in grado di garantire che tutto questo carico urbanistico non vada poi va a finire in mare . Nessuno verifica che i pozzi delle fogne funzionino. Che i pozzi delle ville non siano stati sfondati . Certamente non può essere un monitoraggio della magistratura. Aumenta il carico urbanistico, la produttività e nel frattempo il mare va a morire.

Allora, o ci svegliamo e prestiamo attenzione al territorio e a quello che succede e non garantiamo il nostro solo mangiare o il nostro ben vivere o la nostra vita da borghesi oggi. O ci preoccupiamo dei figli, che potranno avere dei nipoti, quindi un bene che è destinato a continuare. Quindi non consumiamo il nostro territorio e non continuiamo soprattutto .. .Noi spendiamo in termini sanitari (perchè le cure dei cancri gravano sulla collettività) quello che andiamo a risparmiare non usando sul territorio e l’attenzione che il territorio richiede e non costringendo al rispetto della legge gli insediamenti e al rispetto delle misure di protezione dell’ambiente. Grazie». (Fonte Associazione Salute Salento)

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Individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei cookie - 8 maggio 2014
(Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014)

Registro dei provvedimenti
n. 229 dell'8 maggio 2014

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vice presidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTA la direttiva 2002/58/CE del 12 luglio 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche;

VISTA la direttiva 2009/136/CE del 25 novembre 2009, del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica della direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in  materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, della direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche e del regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa a tutela dei consumatori;

VISTO il decreto legislativo 28 maggio 2012, n. 69 "Modifiche al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante codice in materia di protezione dei dati personali in attuazione delle direttive 2009/136/CE, in materia di trattamento dei dati personali e tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, e 2009/140/CE in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica e del regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa a tutela dei consumatori" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 2012 n. 126);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196, di seguito "Codice") e, in particolare, gli artt. 13, comma 3 e 122, comma 1;

VISTA la precedente deliberazione del Garante recante "Avvio di una consultazione pubblica ai sensi dell'art. 122 volta ad individuare modalità semplificate per l'informativa di cui all'art. 13, comma 3, del Codice in materia di protezione dei dati personali" (Del. n. 359 del 22 novembre 2012, in Gazzetta Ufficiale del 19 dicembre 2012 n. 295);

TENUTO CONTO delle indicazioni fornite sul tema dal Gruppo di lavoro per la tutela dei dati personali ex art. 29, in particolare nella Opinion 04/2012 on Cookie Consent Exemption, adottata il 7 giugno 2012, e nel Working Document 02/2013 providing guidance on obtaining consent for cookies, adottato il 2 ottobre 2013 (disponibili rispettivamente ai link  http://ec.europa.eu/justice/data-protection/article-29/documentation/opinion-recommendation/files/2012/wp194_en.pdf e  http://ec.europa.eu/justice/data-protection/article-29/documentation/opinion-recommendation/files/2013/wp208_en.pdf);

TENUTO CONTO delle risultanze dei contributi pervenuti al Garante dai principali fornitori di servizi di comunicazione elettronica, nonché dalle associazioni dei consumatori e delle categorie economiche coinvolte che hanno partecipato alla suindicata consultazione pubblica;

CONSIDERATI gli ulteriori elementi emersi in occasione degli incontri tenutisi a settembre 2013 e febbraio 2014 presso l'Autorità, nell'ambito del tavolo di lavoro avviato dalla stessa al fine di sollecitare un nuovo e più diretto confronto con i suindicati soggetti, nonché con esponenti del mondo accademico e della ricerca che si occupano delle tematiche di interesse;

RITENUTO necessario adottare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 13, comma 3, 122, comma 1 e 154, comma 1, lett. c), del Codice, un provvedimento di carattere generale, con il quale  oltre a individuare le modalità semplificate per rendere l'informativa online agli utenti sull'archiviazione dei c.d. cookie sui loro terminali da parte dei siti Internet visitati  si intende fornire idonee indicazioni sulle modalità con le quali procedere all'acquisizione del consenso degli stessi, laddove richiesto dalla legge;

CONSIDERATO che la disciplina relativa all'uso dei c.d. cookie riguarda anche altri strumenti analoghi (come ad esempio web beacon/web bug, clear GIF o altri), che consentono l'identificazione dell'utente o del terminale e che quindi devono essere ricompresi nell'ambito del presente provvedimento;

VISTE le osservazioni dell'Ufficio, formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

PREMESSA

1. Considerazioni preliminari.

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Al riguardo, e ai fini del presente provvedimento, si individuano pertanto due macro-categorie: cookie "tecnici" e cookie "di profilazione".

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Ad essi si riferisce l'art. 122 del Codice laddove prevede che "l'archiviazione delle informazioni nell'apparecchio terminale di un contraente o di un utente o l'accesso a informazioni già archiviate sono consentiti unicamente a condizione che il contraente o l'utente abbia espresso il proprio consenso dopo essere stato informato con le modalità semplificate di cui all'articolo 13, comma 3" (art. 122, comma 1, del Codice).

2. Soggetti coinvolti: editori e "terze parti".

Un ulteriore elemento da considerare, ai fini della corretta definizione della materia in esame, è quello soggettivo. Occorre, cioè, tenere conto del differente soggetto che installa i cookie sul terminale dell'utente, a seconda che si tratti dello stesso gestore del sito che l'utente sta visitando (che può essere sinteticamente indicato come "editore") o di un sito diverso che installa cookie per il tramite del primo (c.d. "terze parti").

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Si ritiene pertanto che, anche in ragione delle motivazioni sopra indicate, non si possa obbligare l'editore ad inserire sull'home page del proprio sito anche il testo delle informative relative ai cookie installati per il suo tramite dalle terze parti. Ciò determinerebbe peraltro una generale mancanza di chiarezza dell'informativa rilasciata dall'editore, rendendo nel contempo estremamente faticosa per l'utente la lettura del documento e quindi la comprensione delle informazioni in esso contenute, con ciò vanificando anche l'intento di semplificazione previsto dall'art. 122 del Codice.

Analogamente, per quanto concerne l'acquisizione del consenso per i cookie di profilazione, dovendo necessariamente -per le ragioni suesposte  tenere distinte le rispettive posizioni di editori e terze parti, si ritiene che gli editori, con i quali gli utenti instaurano un rapporto diretto tramite l'accesso al relativo sito, assumono necessariamente una duplice veste.

Tali soggetti, infatti, da un lato sono titolari del trattamento quanto ai cookie installati direttamente dal proprio sito; dall'altro, non potendo ravvisarsi una contitolarità con le terze parti per i cookie che le stesse installano per il loro tramite, si ritiene corretto considerarli come una sorta di intermediari tecnici tra le stesse e gli utenti. Ed è, quindi, in tale veste che, come si vedrà più avanti, sono chiamati ad operare nella presente deliberazione, con riferimento al rilascio dell'informativa e all'acquisizione del consenso degli utenti online con riguardo ai cookie delle terze parti.

3. Impatto della disciplina in materia di cookie sulla rete.

I cookie svolgono diverse e importanti funzioni nell'ambito della rete. Qualunque decisione in merito alle modalità di informativa e consenso online, riguardando in pratica chiunque abbia un sito Internet, avrà quindi un fortissimo impatto su un numero enorme di soggetti, che presentano peraltro, come si è detto, natura e caratteristiche profondamente diverse tra loro.

Il Garante, consapevole della portata della presente decisione, ritiene pertanto necessario che le misure prescritte nella stessa -ai sensi di quanto previsto dall'art. 122, comma 1, del Codice  siano, da un lato, tali da consentire agli utenti di esprimere scelte realmente consapevoli sull'installazione dei cookie mediante la manifestazione di un consenso espresso e specifico (come previsto dall'art. 23 del Codice) e, dall'altro, presentino il minore impatto possibile in termini di soluzione di continuità della navigazione dei medesimi utenti e della fruizione, da parte loro, dei servizi telematici.

Di tali opposte esigenze, emerse chiaramente anche in occasione della consultazione pubblica e degli incontri tenuti dall'Autorità, si tiene conto in primo luogo nella determinazione delle modalità con le quali rendere l'informativa in forma semplificata.

È peraltro convinzione del Garante che i due temi, dell'informativa e del consenso, vadano necessariamente trattati in maniera congiunta, onde evitare che il ricorso a modalità di espressione del consenso online che richiedano operazioni eccessivamente complesse da parte degli utenti vanifichino la semplificazione realizzata nell'informativa.

4. L'informativa con modalità semplificate e l'acquisizione del consenso online.

Ai fini della semplificazione dell'informativa, si ritiene che una soluzione efficace, che fa salvi i requisiti previsti dall'art. 13 del Codice (compresa la descrizione dei singoli cookie), sia quella di impostare la stessa su due livelli di approfondimento successivi.

Nel momento in cui l'utente accede a un sito web, deve essergli presentata una prima informativa "breve", contenuta in un banner a comparsa immediata sulla home page (o altra pagina tramite la quale l'utente può accedere al sito), integrata da un'informativa "estesa", alla quale si accede attraverso un link cliccabile dall'utente.

Affinché la semplificazione sia effettiva, si ritiene necessario che la richiesta di consenso all'uso dei cookie sia inserita proprio nel banner contenente l'informativa breve. Gli utenti che desiderano avere maggiori e più dettagliate informazioni e differenziare le proprie scelte in merito ai diversi cookie archiviati tramite il sito visitato, possono accedere ad altre pagine del sito, contenenti, oltre al testo dell'informativa estesa, la possibilità di esprimere scelte più specifiche.

4.1. Il banner contenente informativa breve e richiesta di consenso.

Più precisamente, nel momento in cui si accede alla home page (o ad altra pagina) di un sito web, deve immediatamente comparire in primo piano un banner di idonee dimensioni  ossia di dimensioni tali da costituire una percettibile discontinuità nella fruizione dei contenuti della pagina web che si sta visitando  contenente le seguenti indicazioni:

a) che il sito utilizza cookie di profilazione al fine di inviare messaggi pubblicitari in linea con le preferenze manifestate dall'utente nell'ambito della navigazione in rete;

b) che il sito consente anche l'invio di cookie "terze parti" (laddove ciò ovviamente accada);

c) il link all'informativa estesa, ove vengono fornite indicazioni sull'uso dei cookie tecnici e analytics, viene data la possibilità di scegliere quali specifici cookie autorizzare;

d) l'indicazione che alla pagina dell'informativa estesa è possibile negare il consenso all'installazione di qualunque cookie;

e) l'indicazione che la prosecuzione della navigazione mediante accesso ad altra area del sito o selezione di un elemento dello stesso (ad esempio, di un'immagine o di un link) comporta la prestazione del consenso all'uso dei cookie.

Il suindicato banner, oltre a dover presentare dimensioni sufficienti a ospitare l'informativa, seppur breve, deve essere parte integrante dell'azione positiva nella quale si sostanzia la manifestazione del consenso dell'utente. In altre parole, esso deve determinare una discontinuità, seppur minima, dell'esperienza di navigazione: il superamento della presenza del banner al video deve essere possibile solo mediante un intervento attivo dell'utente (appunto attraverso la selezione di un elemento contenuto nella pagina sottostante il banner stesso).

Resta ferma naturalmente la possibilità per gli editori di ricorrere a modalità diverse da quella descritta per l'acquisizione del consenso online all'uso dei cookie degli utenti, sempreché tali modalità assicurino il rispetto di quanto disposto dall'art. 23, comma 3, del Codice.

In conformità con i principi generali, è necessario in ogni caso che dell'avvenuta prestazione del consenso dell'utente sia tenuta traccia da parte dell'editore, il quale potrebbe a tal fine avvalersi di un apposito cookie tecnico, sistema che non sembra particolarmente invasivo (in tal senso, si veda anche il considerando 25 della direttiva 2002/58/CE).

La presenza di tale "documentazione" delle scelte dell'utente consente poi all'editore di non riproporre l'informativa breve alla seconda visita del medesimo utente sullo stesso sito, ferma restando naturalmente la possibilità per l'utente di negare il consenso e/o modificare, in ogni momento e in maniera agevole, le proprie opzioni relative all'uso dei cookie da parte del sito, ad esempio tramite accesso all'informativa estesa, che deve essere linkabile da ogni pagina del sito.

4.2. L'informativa estesa.

L'informativa estesa deve contenere tutti gli elementi previsti dall'art. 13 del Codice, descrivere in maniera specifica e analitica le caratteristiche e le finalità dei cookie installati dal sito e consentire all'utente di selezionare/deselezionare i singoli cookie. Deve essere raggiungibile mediante un link inserito nell'informativa breve, come pure attraverso un riferimento su ogni pagina del sito, collocato in calce alla medesima.

All'interno di tale informativa, deve essere inserito anche il link aggiornato alle informative e ai moduli di consenso delle terze parti con le quali l'editore ha stipulato accordi per l'installazione di cookie tramite il proprio sito. Qualora l'editore abbia contatti indiretti con le terze parti, dovrà linkare i siti dei soggetti che fanno da intermediari tra lui e le stesse terze parti. Non si esclude l'eventualità che tali collegamenti con le terze parti siano raccolti all'interno di un unico sito web gestito da un soggetto diverso dall'editore, come nel caso dei concessionari.

Al fine di mantenere distinta la responsabilità degli editori da quella delle terze parti in relazione all'informativa resa e al consenso acquisito per i cookie di queste ultime tramite il proprio sito, si ritiene necessario che gli editori stessi acquisiscano, già in fase contrattuale, i suindicati link dalle terze parti (con ciò intendendosi anche gli stessi concessionari).

Nel medesimo spazio dell'informativa estesa deve essere richiamata la possibilità per l'utente (alla quale fa riferimento anche l'art. 122, comma 2, del Codice) di manifestare le proprie opzioni in merito all'uso dei cookie da parte del sito anche attraverso le impostazioni del browser, indicando almeno la procedura da eseguire per configurare tali impostazioni. Qualora, poi, le tecnologie utilizzate dal sito siano compatibili con la versione del browser utilizzata dall'utente, l'editore potrà predisporre un collegamento diretto con la sezione del browser dedicata alle impostazioni stesse.

Si ricorda che l'uso dei cookie rientra tra i trattamenti soggetti all'obbligo di notificazione al Garante ai sensi dell'art. 37, comma 1, lett. d), del Codice, laddove lo stesso sia finalizzato a "definire il profilo o la personalità dell'interessato, o ad analizzare abitudini o scelte di consumo, ovvero a  monitorare l'utilizzo di servizi di comunicazione elettronica con esclusione dei trattamenti tecnicamente indispensabili per fornire i servizi medesimi agli utenti".

L'uso dei cookie è, invece, sottratto all'obbligo di notificazione sulla base di quanto previsto dal provvedimento del Garante del 31 marzo 2004, che ha inserito espressamente, tra i trattamenti esonerati dal suindicato obbligo, quelli "relativi all'utilizzo di marcatori elettronici o di dispositivi analoghi installati, oppure memorizzati temporaneamente, e non persistenti, presso l'apparecchiatura terminale di un utente, consistenti nella sola trasmissione di identificativi di sessione in conformità alla disciplina applicabile, all'esclusivo  fine di agevolare l'accesso ai contenuti di un sito Internet" (deliberazione n. 1 del 31 marzo 2004, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 6 aprile 2004 n. 81).

Dal quadro sopra delineato, emerge pertanto che, mentre i cookie di profilazione, i quali hanno caratteristiche di permanenza nel tempo, sono soggetti all'obbligo di notificazione, i cookie che invece hanno finalità diverse e che rientrano nella categoria dei cookie tecnici, ai quali sono assimilabili anche i cookie analytics (v. punto 1, lett. a), del presente provvedimento), non debbono essere notificati al Garante.

6. Tempi di adeguamento.

Come già evidenziato in precedenza, il Garante è consapevole dell'impatto, anche economico, che la disciplina sui cookie avrà sull'intero settore della società dei servizi dell'informazione e, quindi, del fatto che la realizzazione delle misure necessarie a dare attuazione al presente provvedimento richiederà un notevole impegno, anche in termini di tempo.

In ragione di ciò, si ritiene pertanto congruo prevedere un periodo transitorio di un anno a decorrere dalla pubblicazione della presente decisione in Gazzetta Ufficiale per consentire ai soggetti interessati dal presente provvedimento di potersi avvalere delle modalità semplificate ivi individuate.

7. Conseguenze del mancato rispetto della disciplina in materia di cookie.

Si ricorda che per il caso di omessa informativa o di informativa inidonea, ossia che non presenti gli elementi indicati, oltre che nelle previsioni di cui all'art. 13 del Codice, nel presente provvedimento, è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da seimila a trentaseimila euro (art. 161 del Codice).

L'installazione di cookie sui terminali degli utenti in assenza del preventivo consenso degli stessi comporta, invece, la sanzione del pagamento di una somma da diecimila a centoventimila euro (art. 162, comma 2-bis, del Codice).

L'omessa o incompleta notificazione al Garante, infine, ai sensi di quanto previsto dall'art. 37, comma 1, lett. d), del Codice, è sanzionata con il pagamento di una somma da ventimila a centoventimila euro (art. 163 del Codice).

TUTTO CIO' PREMESSO IL GARANTE

1. ai sensi degli artt. 122, comma 1 e 154, comma 1, lett. h), del Codice -ai fini dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa che i gestori di siti web, come meglio specificati in premessa, sono tenuti a fornire agli utenti in relazione ai cookie e agli altri dispositivi installati da o per il tramite del proprio sito  stabilisce che nel momento in cui si accede alla home page (o ad altra pagina) di un sito web, deve immediatamente comparire in primo piano un banner di idonee dimensioni contenente le seguenti indicazioni:

b) che il sito consente anche l'invio di cookie "terze parti" (laddove ciò ovviamente accada);

c) il link all'informativa estesa, che deve contenere le seguenti ulteriori indicazioni relative a:

•  uso dei cookie tecnici e analytics;

•  possibilità di scegliere quali specifici cookie autorizzare;

• possibilità per l'utente di manifestare le proprie opzioni in merito all'uso dei cookie da parte del sito anche attraverso le impostazioni del browser, indicando almeno la procedura da eseguire per configurare tali impostazioni;

d) l'indicazione che alla pagina dell'informativa estesa è possibile negare il consenso all'installazione di qualunque cookie;

e) l'indicazione che la prosecuzione della navigazione mediante accesso ad altra area del sito o selezione di un elemento dello stesso (ad esempio, di un'immagine o di un link) comporta la prestazione del consenso all'uso dei cookie;

2. ai sensi dell'art. 154, comma 1, lett. c), del Codice  ai fini di mantenere distinta la responsabilità dei gestori di siti web, come meglio specificati in motivazione, da quella delle terze parti  prescrive ai medesimi gestori di acquisire già in fase contrattuale i collegamenti (link) alle pagine web contenenti le informative e i moduli per l'acquisizione del consenso relativo ai cookie delle terze parti (con ciò intendendosi anche i concessionari).

Si dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Ministero della giustizia ai fini della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana a cura dell'Ufficio pubblicazione leggi e decreti.

Roma, 8 maggio 2014

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

 

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