Una ricorrenza, il 10 febbraio di ogni anno, per non dimenticare una delle pagine più buie della nostra storia recente, pagine che non possono essere cancellate, ancorchè il ricordo provochi turbamento, dolore e vergogna.
Ventimila, forse trentamila persone, nel periodo settembre 1943 febbraio 1947, furono torturate e uccise a Trieste e nell’Istria controllata dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito. E, in gran parte, vennero infoibate, ossia gettate - molte ancora vive - dentro le voragini naturali disseminate sull’altipiano del Carso, le “foibe”.
A distanza di oltre sessant’anni, la Repubblica italiana, con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, ha riconosciuto il 10 febbraio “Giorno del ricordo”, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli Istriani, dei Fiumani e dei Dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
Questi drammatici avvenimenti devono essere radicati nella nostra memoria, ricordati e spiegati alle nuove generazioni, e la celebrazione del giorno del ricordo rappresenta, certamente, l'occasione per conoscere e per capire: la conoscenza e la comprensione, infatti, sono le basi da cui partire per sentirsi integralmente cittadini.
E’ stato giustamente detto che ricordare le vittime delle foibe è un atto di civiltà, un segno della crescita culturale e politica del nostro Paese, un’opportunità per non dimenticare una delle pagine più buie della nostra storia recente, pagine che non possono essere cancellate, ancorchè il ricordo provochi turbamento, dolore e vergogna. Ogni tentativo di oblio, negazione o minimizzazione non può non costituire un chiaro affronto alle vittime e alle loro famiglie, nonché un inestimabile danno per la coscienza collettiva di un popolo e di una Nazione.
Ed una delle tante pagine non scritte del secondo dopoguerra in Italia, forse per opportunismo politico o per superficialità, è l'Esodo di 350 mila fiumani, istriani e dalmati che, alla fine della seconda guerra mondiale, mentre tutta l'Italia veniva liberata dall'occupazione nazista, dovettero scappare ed abbandonare la loro terra, le loro case, il lavoro, gli amici e gli affetti, incalzati dalle bande armate juogoslave, e si riversarono in Italia con tutti i mezzi possibili: vecchi piroscafi, carri agricoli, barche, treni di fortuna, macchine sgangherate, a nuoto e a piedi. Una fuga per restare italiani, una reazione alla violenta naturalizzazione voluta dai partigiani slavi.
Come è giusto ricordare gli orrori dei lager nazisti, così è bene rendere testimonianza di atrocità di analoga gravità, in altri contesti e per responsabilità diverse, di qualsiasi regime, dittatoriale o autoritario, di qualunque epoca. Gulag, lager, foibe, sono tutti luoghi che l’umanità deve riuscire ad esorcizzare, affinchè non si ripeta, in nessuna parte del mondo, ciò che è successo nel Novecento.
Soprattutto le giovani generazioni che, fortunatamente, non hanno avuto la sventura di dover vivere direttamente, sulla propria pelle, situazioni di indicibile ferocia e disumanità, devono essere aiutate a coltivare quei valori di libertà, rispetto, tolleranza, che sono decisivi per rafforzare la coscienza del nostro popolo e per contribuire alla costruzione di una identità europea consapevole delle tragedie del passato, in quanto ricordare non deve favorire il rancore, ma alimentare costantemente la speranza di un mondo migliore.
Angelo Losavio